Custode e trasferimento dell’immobile: il portiere può rifiutare il nuovo datore? Cosa prevede il Codice Civile e cosa ha deciso la Corte di Appello di Milano
Quando si verifica un cambio proprietà immobiliare col portiere, una delle domande più comuni riguarda la sorte del rapporto di lavoro del custode o portiere. Si scioglie? Deve essere confermato? Serve il consenso del lavoratore? A queste domande rispondono in modo chiaro il Codice Civile e il contratto collettivo nazionale di categoria, che prevedono tutele ben precise per il lavoratore impiegato presso immobili soggetti a trasferimento di proprietà.

Nel nostro ordinamento, il contratto di lavoro è un contratto a prestazioni corrispettive. Ciò significa che le parti si scambiano prestazioni in modo reciproco e connesso: il lavoratore offre la propria attività e in cambio riceve una retribuzione. Per questo tipo di contratti, l’articolo 1406 del Codice Civile stabilisce che una parte può essere sostituita solo con il consenso della parte ceduta. Se applicata al lavoro subordinato, questa norma significherebbe che la cessione del rapporto può avvenire solo con il consenso del dipendente.
Tuttavia, esiste una norma speciale, l’articolo 2112 del Codice Civile, che disciplina il trasferimento d’azienda e stabilisce la continuità del rapporto di lavoro in capo al nuovo titolare, senza soluzione di continuità. Nel caso del cambio proprietà immobiliare col portiere, quindi, la situazione è delicata. Da un lato c’è la volontà del nuovo proprietario o del neo-costituito condominio di subentrare come datore di lavoro, dall’altro c’è il diritto del lavoratore a mantenere il proprio rapporto, ma anche a esprimere o meno consenso a tale passaggio.
Cambio proprietà immobiliare col portiere: cosa ha stabilito la Corte di Appello di Milano
Un caso emblematico si è verificato a Milano, dove una custode ha contestato il trasferimento del suo contratto di lavoro al nuovo datore, rappresentato da un condominio nato dal frazionamento di un immobile. La lavoratrice, che fino a quel momento era stata alle dipendenze di un fondo proprietario dello stabile, ha rifiutato il passaggio del rapporto al nuovo soggetto giuridico. Secondo la sua tesi, il trasferimento era illegittimo in quanto mancava il suo consenso.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 998 del 16 novembre 2023, ha confermato quanto già stabilito dal Tribunale di primo grado: il cambio proprietà immobiliare col portiere non comporta automaticamente la cessione del contratto di lavoro se il custode non ha dato il proprio consenso. Di conseguenza, il rapporto non può essere trasferito al nuovo datore in modo unilaterale.
In particolare, i giudici hanno ribadito che:
- Il rapporto di lavoro non si estingue con il trasferimento di proprietà.
- Il lavoratore ha diritto a conservare il proprio contratto.
- Il passaggio al nuovo datore richiede il consenso del lavoratore.
- In assenza di tale consenso, il dipendente resta alle dipendenze del precedente titolare.
Dunque, il cambio proprietà immobiliare col portiere è una situazione regolata da precise norme che tutelano il lavoratore. Nonostante l’apparente automaticità del trasferimento, la legge impone il rispetto dei diritti del custode, tra cui quello fondamentale di scegliere se accettare o meno un nuovo datore.