Da oggi i permessi con la Legge 104 diventano più rigidi: quando uscire in bici può costarti il licenziamento.
Assistere una persona cara non autosufficiente è un diritto imprescindibile, anche quando il caregiver è un lavoratore dipendente che deve rispettare gli orari di lavoro. Per questo, la Legge 104/92 è intervenuta, offrendo supporto a chi assiste persone anziane e disabili, permettendo loro di accompagnarle alle visite o, in casi di necessità costante, di sospendere l’attività lavorativa per due anni.
Tuttavia, dietro ogni diritto si nascondono anche doveri: la legge stabilisce che i permessi possano essere utilizzati esclusivamente per assistenza diretta. Non è possibile, dunque, uscire di casa senza l’assistito, se non per acquisti necessari come spesa o medicinali.
Fino a qui nulla di nuovo, ma un recente intervento della Corte di Cassazione ha messo in luce un aspetto spesso sottovalutato: il licenziamento per giusta causa è legittimo anche solo per un uso improprio dei permessi. La vera novità? Le aziende possono ora scoprire facilmente gli abusi.
Di recente, un caso ha fatto tremare molti lavoratori: un dipendente è stato licenziato dopo che l’azienda ha scoperto, grazie a un’indagine privata, che durante i giorni di permesso per assistere un familiare disabile, lui si dedicava a tutt’altro che a compiti assistenziali. Anziché occuparsi del proprio caro, il lavoratore usciva in bici per attività di svago. Non si trattava nemmeno di una singola trasgressione: l’abuso era ormai una prassi consolidata.
Quello che fa riflettere è che la Cassazione ha specificato che il comportamento del lavoratore non solo violava la legge, ma andava a ledere irrimediabilmente la fiducia che il datore di lavoro aveva riposto in lui. La legge stabilisce che i permessi per legge 104 devono essere utilizzati esclusivamente per l’assistenza diretta e non per attività personali, come nel caso della bicicletta.
E il fatto che un’azienda possa oggi avvalersi di investigatori privati per monitorare la corretta fruizione dei permessi rende tutto ancora più serio. Questi controlli, infatti, sono perfettamente legittimi, secondo la giurisprudenza, proprio per evitare che vengano sfruttati permessi concessi con lo scopo di supportare il lavoratore nell’assistenza del proprio familiare.
Ma la vera sorpresa della Cassazione, in questo caso, è che non serve un comportamento reiterato per giustificare il licenziamento. Basta anche una sola uscita fuori luogo, un episodio che può minare la fiducia tra il dipendente e l’azienda, mettendo in discussione la legittimità del permesso. Insomma, la legge è chiara: non sono ammesse deroghe quando si tratta di un diritto concesso in base a una precisa finalità assistenziale.
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