Un recente studio ha fatto emergere una verità sconcertante che ha sorpreso i consumatori: la scoperta riguarda le bottiglie di olio extravergine del supermercato.
Il continuo aumento dei prezzi sui beni alimentari grava sulle spalle degli italiani. Uno dei prodotti che maggiormente ne hanno risentito negli ultimi anni è l’olio d’oliva, che si è trovato ad affrontare una crescita esponenziale dei costi. Un ingrediente irrinunciabile per molte tavole, che hanno dovuto fare i conti con questa situazione critica.
Secondo le analisi di Altroconsumo condivise alla fine dell’anno precedente, dal 2021 si è assistito ad aumenti superiori all’80%. Un conto che diventa ancora più amaro se nella bottiglia d’olio non si trova ciò che ci si aspettava. Alcuni giorni fa è balzato alle cronache il caso Carapelli. Le bottiglie di olio commercializzate in Francia sono state sottoposte a specifici test, dalle quali è emerso un dato inaspettato.
Pare infatti, che un lotto etichettato come extravergine e distribuito nei supermercati francesi nel 2017, risultasse di qualità inferiore. A confermarlo è stato anche il Ministero delle Politiche Agricole Italiano che ha validato le analisi a seguito delle quali il Tribunale di Firenze ha stabilito la sanzione.
230 mila euro di multa è quanto attribuito a DeoLeo Global, proprietaria del marchio Carapelli, che avrebbe venduto un olio con caratteristiche che violano le normative europee sulla classificazione. Non si è fatta attendere la replica dell’azienda, fondata a Montevarchi nel 1893.
A distanza di poche ore dalla divulgazione della notizia, Carapelli ha rotto il silenzio sulla questione, esponendo le sue ragioni. L’azienda agricola toscana ci ha tenuto a specificare che la sentenza ottenuta non è definitiva, ma relativa al primo grado. I vertici dunque, sono al lavoro al fine di proporre argomentazioni valide, che mirano a raggiungere una sospensione del provvedimento.
“L’impegno di Carapelli Firenze nei controlli è da sempre rigoroso e costante, con oltre 45.000 analisi l’anno”, ha affermato la Public & Legal Affair di Carapelli, Silvia Donnini. Viene dunque ribadita la continuativa verifica dei lotti prima dell’immissione sul mercato, riconosciuta dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, atta a garantire “qualità e soddisfazione dei consumatori”.
“Diversamente il test effettuato con un unico campionamento, a fronte di milioni di bottiglie distribuite ogni anno, non è rappresentativo”, incalza Donnini, definendo l’olio “un prodotto vivo, le cui caratteristiche sensoriali sono sensibili alle condizioni di conservazione esterne e non controllabili dall’azienda”. Carapelli ribadisce l’importanza dei suoi valori, quali trasparenza e fiducia dei consumatori.
La replica dell’azienda dunque, tende chiaramente ad attribuire la variazione a fattori di gusti da collegare alla filiera addetta a custodire le bottiglie. Un’alterazione che comunque, non avrebbe rappresentato rischi per chi ha consumato l’olio compreso nel lotto.
Si parla di un effetto di rancidità che ha interessato 700 quintali di olio. Di diverso parere è stato, almeno per il momento, il Tribunale fiorentino, secondo il quale erano irregolari le caratteristiche intrinseche dell’olio.
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